mercoledì 30 aprile 2014

LIBERA PIEMONTE: L7 una Piattaforma Per Il Contrasto Delle Mafie In Piemonte

L7, Una Piattaforma Per Il Contrasto Delle Mafie In Piemonte

La ‘ndrangheta in Piemonte è forte e radicata. Lo è perché per molto tempo si è cercato di scacciare lo spettro che il crimine organizzato facesse affari nella nostra regione. Lo è anche perché i clan trapiantati in Piemonte hanno trovato sponda e legami con settori insospettabili della nostra società. Lo raccontano le diverse operazioni della magistratura concluse in questi anni, da "Minotauto" in poi, che hanno evidenziato collusioni, sottovalutazioni e superficialità di pezzi della politica. 


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Per questo siamo convinti della centralità del voto regionale per contrastare l’espansione mafiosa nel nostro territorio. Per ottenere questo risultato proponiamo ai rappresentanti che si candidato a governare la Regione L 7 Piemonte, una piattaforma programmatica che Libera propone alla politica, come fece 4 anni fa con L10.
Sette punti programmatici che vanno dalla cultura della legalità alle candidature, dalla lotta alla corruzione al gioco d’azzardo, dall’usura alle normativa sulle cave per arrivare agli strumenti per contrastare la povertà.
Sette punti che sono stati presentati ieri, martedì 29 aprile, alle 11.30 presso il Bar Italia Libera, in via Veglia 59/a, Torino.in una conferenza stampa, aperta al pubblico. 

I punti programmatici di Libera Piemonte verranno sottoposti ai candidati presidente e consiglieri e tutte le risposte pervenute verranno pubblicate sul sito www.l7.liberapiemonte.it



30 aprile 1982. La mafia uccide Pio La Torre e Rosario Di Salvo

Erano le 9:20 del 30 aprile 1982. Pio La Torre stava raggiungendo la sede del PCI, a Palermo, a bordo di una Fiat 131 guidata da Rosario Di Salvo.
Pio La Torre e Rosario Di Salvo
Quando la macchina si trovò in una strada stretta, una moto di grossa cilindrata obbligò Di Salvo a fermarsi. L'auto venne investita da una raffica di proiettili. Da un'auto scesero altri killer a completare il duplice omicidio. Pio La Torre morì all'istante mentre Di Salvo ebbe il tempo per estrarre una pistola e sparare alcuni colpi, prima di soccombere.
Erano i giorni della "seconda guerra di mafia": la "mattanza" condotta dai corleonesi di Totò Riina e Bernardo Provenzano, mieteva centinaia di vittime in Sicilia . Pio La Torre propone al presidente del Consiglio Giovanni Spadolini  di inviare a Palermo -come prefetto- il generale Carlo Alberto Dalla Chiesa, il carabiniere che ha sconfitto il terrorismo. 
Non fanno in tempo a incontrarsi.Il giorno dopo l'uccisione di Pio La Torre, arriva a Palermo il generale Dalla Chiesa. "Perché hanno ucciso La Torre?", gli chiedono i giornalisti. "Per tutta una vita", risponde lui.

 Fonte : Narcomafie
Pio La Torre e Rosario Di Salvo, massacrati 
A oltre tre decenni dalla morte, gli interrogativi rimangono aperti sul delitto e l'eredità civile del dirigente politico italiano. 
Ripercorriamo la storia di quei giorni. A seguire la "Conversazione con Franco La Torre".

La storia
L'uccisione di Pio La Torre e del suo collaboratore Rosario Di Salvo avveniva in un clima convulso. Dalla fine degli anni settanta nella capitale siciliana era stata una sequela di delitti che avevano scosso l'opinione pubblica dell'intero Paese. Erano stati assassinati il segretario provinciale della DC Michele Reina, il giornalista Mario Francese, il vicequestore Boris Giuliano, il giudice Cesare Terranova, il presidente della Regione Piersanti Mattarella, il capitano dei carabinieri Emanuele Basile e il giudice Gaetano Costa. Tutto questo evocava già allora un disegno coeso. Lo stesso La Torre ne era in convinto, e interpretava i delitti di quel periodo come «terrorismo mafioso».
Dopo l'uccisione di Mattarella intitolava un editoriale di Rinascita: "Se terrorismo e mafia si scambiano le tecniche". Poi venne il suo turno, e dopo di lui, ancora con ritmi incalzanti, fu la volta del generale Dalla Chiesa, dei magistrati Ciaccio Montalto e Rocco Chinnici, dei poliziotti Calogero ZucchettoBeppe Montana e Ninni Cassarà, del giornalista Giuseppe Fava, dell'ex sindaco di Palermo Giuseppe Insalaco. Infine, nel pieno dell'offensiva giudiziaria di Falcone e Borsellino, che avrebbe prodotto il maxiprocesso alla mafia, il gioco cambiava. Ma era stato decapitato a quel punto il ceto politico e istituzionale della Sicilia.
Si era arrivati in realtà a uno snodo. I proventi del narcotraffico e del contrabbando incrostavano ormai da anni l'economia regionale, e le famiglie mafiose, a loro modo, avevano giocato la carta della «modernizzazione», attraverso la partecipazione alle grandi opere, sullo sfondo dei patti che correvano da decenni con la politica. Ma da tempo, tanto più dopo l'implosione del sistema Sindona, qualcosa scricchiolava. Nella relazione di minoranza della Commissione Antimafia, del 1976, Pio La Torre, dopo aver documentato gli affari illeciti della capitale siciliana, chiamando in causa tra gli altri Vito Ciancimino, Giovanni Gioia, Salvo Lima e Giovanni Matta, affermava: «Il sistema di potere mafioso è entrato ormai irrimediabilmente in crisi anche a Palermo. Ne sono una testimonianza gli ultimi sviluppi della lotta politica all'interno della DC palermitana». L'analisi, molto lucida, riusciva a interpretare una tensione reale, che sarebbe divenuta esplosiva a fine decennio, quando dentro il partito democristiano andavano polarizzandosi due visioni della politica. Da una parte era la DC di Piersanti Mattarella, presidente della Regione, che, come era nelle ispirazioni del popolarismo cattolico, guardava in avanti, in direzione di una modernizzazione conseguente, che tenesse conto dei principi di trasparenza e di moralità. Dall'altra era quella andreottiana di Salvo Lima e Mario D'Acquisto, che con varie declinazioni si ergeva a difesa del sistema che a lungo aveva retto Palermo e la Sicilia.
Insediatosi a palazzo d'Orleans il 20 marzo 1978 con l'appoggio esterno del Pci, Piersanti Mattarella per le cosche e i loro referenti diventava in poco tempo, per l'incisività della sua azione, un problema di difficile gestione. Venivano fermati appalti sospetti, si cominciava a rivoluzionare la macchina burocratica e arrivavano atti politici conseguenti, come nell'autunno del 1978, quando il presidente della Regione rimuoveva dalla sua giunta l'assessore ai Lavori Pubblici Rosario Cardillo, repubblicano, ritenuto a capo di un sistema illecito di controllo degli appalti. Ma erano percepiti altri pericoli. Cesare Terranova, finita la sesta legislatura, che gli aveva consentito di operare in seno alla Commissione Antimafia e di collaborare con La Torre e altri parlamentari della Sinistra alla stesura della relazione di minoranza, rientrava al palazzo di giustizia di Palermo con l'incarico di consigliere istruttore presso la Corte d'Appello. Da procuratore della Repubblica era riuscito a fermare Luciano Liggio, e con il nuovo incarico, oltre che con il bagaglio di conoscenze acquisite all'Antimafia, avrebbe potuto infliggere danni non meno significativi ai poteri criminali della città. La Guardia di Finanza aveva schedato intanto circa tremila imprese sospettate di collusione mafiosa, mentre da diverse parti si rivendicava una legge che consentisse di portare le indagini oltre i santuari delle banche. La bancarotta di Sindona, che registrava un clamoroso colpo di scena nel giugno 1979, con l'assassinio dell'avvocato Giorgio Ambrosoli, nominato commissario liquidatore della BPI, restava infine un nervo scoperto. E su tale sfondo di tensioni e timori cresceva con rapidità, fino a occupare in poco tempo il centro della scena, la presenza politica e legislativa di Pio La Torre.
Dopo la conclusione dei lavori della Commissione Antimafia, nel 1976, il politico siciliano, allora responsabile nazionale dell'Ufficio agricoltura del PCI, aveva continuato a seguire con scrupolo il fenomeno mafioso nel Sud, denunciandone l'evoluzione nelle sedi di partito, sulla stampa e in diverse sedute parlamentari. Egli sostenne quindi con convinzione la ricerca delle sinergie che resero possibile l'esperimento del Governo Mattarella, facendo arrivare, quando necessario, la propria voce sui percorsi della Regione, con suggerimenti anche forti. Alla Conferenza dell'agricoltura che si tenne a Villa Igea il 9 febbraio 1979, Pio La Torre non esitò a denunciare l'assessorato regionale al ramo di illeciti gravi, additandone il capo, l'andreottiano Giuseppe Aleppo, come colluso alla criminalità organizzata. E in quella occasione, Piersanti Mattarella, che chiuse i lavori con un'ampia relazione, si guardò bene dal difendere il proprio assessore, sconcertando i presenti. Il segnale che giungeva alle consorterie era chiaro.
Quando si mise in moto a Palermo la macchina degli omicidi, Pio La Torre fu tra i primi, appunto, a comprendere la complessità strategica del progettoIntervenendo alla Camera il 26 settembre 1979, appena un giorno dopo l'uccisione di Cesare Terranova e del maresciallo Lenin Mancuso, egli affermava che si era di fronte a un salto qualitativo, «ad una sfida frontale allo Stato democratico da parte dell'organizzazione mafiosa».
E due giorni dopo l'assassinio di Piersanti Mattarella sottolineava, ancora alla Camera, che in Sicilia era in corso una battaglia cruciale «fra le forze impegnate per il cambiamento contro il sistema di potere mafioso per il rinnovamento economico, sociale e democratico delle strutture dell'isola, e quanti invece difendono tenacemente il sistema di potere mafioso». Il dirigente politico non limitava però il proprio intervento all'analisi e alla denuncia. Egli riteneva che per sostenere lo scontro occorressero strumenti nuovi, soprattutto di livello normativo. Il 6 marzo alla Camera dei Deputati annunciava quindi una legge che avrebbe proposto «misure di prevenzione e di accertamento e misure patrimoniali nei confronti degli indiziati di appartenere ad associazioni mafiose, la modifica del codice penale, con la definizione di associazione mafiosa, con l'obiettivo di perseguire come reato la semplice appartenenza all'associazione stessa»La legge nota come 416 bis, di cui Pio La Torre era il redattore e il primo firmatario, veniva presentata alla Camera dei Deputati il 31 marzo 1980.
Gli eventi incalzavano. Ancora nel Palermitano venivano assassinati Emanuele Basile a Gaetano Costa, e il dirigente del PCI, mentre faceva il possibile per allontanare dalle secche il suo disegno di legge, continuava ad esporsi pericolosamente. In una Tribuna politica televisiva del 30 maggio 1981 egli si domandava: «Perché sottovalutare la spaventosa coincidenza tra la presenza di Sindona a Palermo e l'esecuzione mafiosa del giudice Terranova?».
Rompendo ogni indugio, tornava poi in Sicilia, a dirigere il comitato regionale del partito. Finiva quindi sotto una pressante minaccia, mentre si accendeva nel Paese la vicenda dei missili Cruise e Pershing che la NATO, con l'avallo del governo italiano, intendeva installare nei pressi di Comiso. L'uccisione di Pio La Torre e Rosario Di Salvo avveniva appena otto mesi dopo l'arrivo del primo a Palermo. Quale ne era il significato? Ugo Pecchioli, responsabile del partito per il problemi dello Stato, in un'intervista su «L'Ora» del 2 maggio 1982, parlava di una decisione presa in alto, «dai burattinai della mafia, perché piena di implicazioni politiche». In una relazione interna dell'11 maggio rilevava inoltre che non poteva essere esclusa nessuna ipotesi, «neppure quella da qualche parte affacciatasi di connessioni straniere». E da allora l'argomento delle possibili convergenze, politiche e atlantiche, ha attraversato i decenni. Mancati però i riscontri, la morte di La Torre e del suo compagno di partito, addebitata in via definitiva a Salvatore Riina, Bernardo Provenzano, Giovanni Brusca e altri capimafia, resiste tra i segreti di Palermo e della Repubblica.
La considerazione del lavoro politico e civile di Pio La Torre è cresciuta di molto lungo gli anni, maggiormente per l'evoluzione, abnorme, registrata dalle narco-economie e dagli imperi criminali. In numerosi Paesi il dirigente del PCI è riconosciuto come un legislatore che ha anticipato i tempi, per avere inaugurato la storia delle leggi di contrasto alla criminalità finanziariaLa Torre ebbe tuttavia una vicenda complessa, che solo in parte è riferibile al suo impegno contro la mafia. Egli fu, prima di tutto, un meridionalista, che dagli anni del latifondo operò per il riscatto del Sud.

venerdì 25 aprile 2014

25 APRILE 1945 E' SEMPRE

                           25 APRILE 1945 E' SEMPRE : FESTA DELLA LIBERAZIONE



LIBERAZIONE è FRUTTO della RESISTENZA 
"PER DIGNITA' NON PER ODIO"

"(...)Vittoria contro noi stessi: aver ritrovato dentro noi stessi la dignità dell’uomo. Questo fu il significato morale della Resistenza: questa fu la fiamma miracolosa della Resistenza.
Aver riscoperto la dignità dell’uomo, e la universale indivisibilità di essa: questa scoperta della indivisibilità della libertà e della pace, per cui la lotta di un popolo per la sua liberazione è insieme lotta per la liberazione di tutti i popoli dalla schiavitù del denaro e del terrore, questo sentimento della uguaglianza morale di ogni creatura umana, qualunque sia la sua nazione o la sua religione o il colore della sua pelle, questo è l’apporto più prezioso e più fecondo di cui ci ha arricchito la Resistenza. (Piero Calamandrei)

La Costituzione della Repubblica Italiana 
Principi fondamentali

Art. 1

L'Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro.
La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione.

Art. 2
La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell'uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l'adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale.

Art. 3
Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali.
È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese.

Art. 4
La Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto.
Ogni cittadino ha il dovere di svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta, un'attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società.

Art. 5
La Repubblica, una e indivisibile, riconosce e promuove le autonomie locali; attua nei servizi che dipendono dallo Stato il più ampio decentramento amministrativo; adegua i principi ed i metodi della sua legislazione alle esigenze dell'autonomia e del decentramento.

Art. 6
La Repubblica tutela con apposite norme le minoranze linguistiche.

Art.7
Lo Stato e la Chiesa cattolica sono, ciascuno nel proprio ordine, indipendenti e sovrani.
I loro rapporti sono regolati dai Patti Lateranensi. Le modificazioni dei Patti accettate dalle due parti, non richiedono procedimento di revisione costituzionale.

Art. 8
Tutte le confessioni religiose sono egualmente libere davanti alla legge.
Le confessioni religiose diverse dalla cattolica hanno diritto di organizzarsi secondo i propri statuti, in quanto non contrastino con l'ordinamento giuridico italiano.
I loro rapporti con lo Stato sono regolati per legge sulla base di intese con le relative rappresentanze.

Art. 9
La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica.
Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione.

Art. 10
L'ordinamento giuridico italiano si conforma alle norme del diritto internazionale generalmente riconosciute.
La condizione giuridica dello straniero è regolata dalla legge in conformità delle norme e dei trattati internazionali.
Lo straniero, al quale sia impedito nel suo paese l'effettivo esercizio delle libertà democratiche garantite dalla Costituzione italiana, ha diritto d'asilo nel territorio della Repubblica secondo le condizioni stabilite dalla legge.
Non è ammessa l'estradizione dello straniero per reati politici.

Art. 11
L'Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali; consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni; promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo.

Art. 12


La bandiera della Repubblica è il tricolore italiano: verde, bianco e rosso, a tre bande verticali di eguali dimensioni.

giovedì 24 aprile 2014

LIBERAZIONE è RESISTENZA

LIBERAZIONE è RESISTENZA 
"E' bene che si sappia cosa è stata la Resistenza:
la rivelazione di ciò che un popolo può fare 
quando prende in mano il destino del paese nelle  sue mani.
Giorgio Bocca 

Vi invitiamo a partecipare alla fiaccolata il 24 APRILE 2014  a Pinerolo


Lo  scorso 22 marzo, nel corso della celebrazione della "Giornata della Memoria e dell'Impegno nel Ricordo delle Vittime Innocenti delle mafie",  gli studenti pinerolesi hanno letto i Principi della Costituzione Italiana. 
Abbiamo voluto che la lettura dei Principi precedesse la lettura dei Nomi delle Vittime Innocenti per sottolineare il legame forte fra le Vittime Innocenti delle mafie e il sacrificio di coloro che hanno combattuto affinchè quei principi divenissero fondamento dell'Italia. 
Ancora oggi, l'applicazione di quei Principi è  ben lontana dall'essere stata raggiunta. Per questo motivo occorre continuare a impegnarsi, tutti insieme, affinché i Principi fondamentali della Costituzione Italiana diventino realtà. 
Per questo motivo Vi invitiamo a partecipare alla fiaccolata del 24 APRILE 2014
"(...) Se voi volete andare in pellegrinaggio nel luogo dove è nata la nostra Costituzione, andate nelle  montagne dove caddero i partigiani, nelle carceri dove furono imprigionati, nei campi dove furono  impiccati. Dovunque è morto un italiano per riscattare la libertà e la dignità, andate lì, o giovani, col pensiero perché lì è nata la nostra Costituzione." Piero Calamandrei.

gli studenti pinerolesi leggono i Principi della Costituzione Italiana

martedì 22 aprile 2014

Sentinelle del Territorio. Commento alla delibera "Linee programmatiche per la pianificazione urbanistica"

Stemma della città di Pinerolo
Torniamo ad occuparci di Urbanistica perché, come abbiamo scritto sin dall'inizio, "(...) può rappresentare un indicatore utile ad individuare gli scopi, gli indirizzi,  il “progetto generale” che guida e determina il carattere di una amministrazione locale".
Riportiamo quindi il commento delle Associazioni  e dei gruppi che partecipano al Forum pinerolese per l’Urbanistica e il  Paesaggio  alla delibera approvata lo scorso 25 marzo 2014, e vogliamo sottolinearne un passo : "(..) le azioni sinora condotte ( dall'Amministrazione) appaiono ben lontane dalla cosiddetta “urbanistica partecipata”: il coinvolgimento concreto e reale delle comunità al momento progettuale e decisionale partendo dall’analisi delle situazioni esistenti, dall’individuazione di obbiettivi rispettosi della vocazione dei territori, obbiettivi condivisi dalla comunità e “sostenibili”, sia dal punto di punto di vista economico che ecologico". 

panorama di Pinerolo

Commento del forum pinerolese alla delibera 
"Linee programmatiche per la pianificazione urbanistica"

Il 25 marzo scorso il Consiglio Comunale di Pinerolo ha approvato le “Linee programmatiche per la pianificazione urbanistica”, documento la cui bozza era stata presentata alla Cittadinanza nel dicembre 2013. Anche le Associazioni e i gruppi che partecipano al Forum pinerolese per l’Urbanistica e il  Paesaggio avevano fatto pervenire proprie osservazioni a quel documento. Fra le Osservazioni presentate, ci pare essere stata realmente accolta solo quella riguardante il Piano Particolareggiato della collina: come richiesto dalle Associazioni, nel documento è stato esplicitato il mantenimento dei vincoli più gravosi in caso di contrasto tra gli strumenti comunali e quelli provinciali.Le altre osservazioni da noi presentate sono state ignorate nella sostanza. In particolare:
  •  Non è stata quantificata, al di là delle dichiarazioni di principio, la quota di riduzione della capacità edificatoria rispetto al piano regolatore vigente e la conseguente riduzione del consumo di suolo. Inoltre non è stata esclusa l’individuazione di nuove aree residenziali.
  •  In relazione alle cosiddette “valorizzazioni immobiliari”, le Associazioni chiedevano fossero definiti criteri oggettivi che provassero l’esistenza di reali condizioni di interesse pubblico”  nel momento in cui si adottassero varianti urbanistiche puntuali e “permessi di costruire in deroga alle attuali destinazioni d’uso del PRG. Inoltre, si chiedeva di favorire il ricorso allo strumento della “variante” anzicchè i “permessi di costruire in deroga” previsti dalla LR106/2011.
  •  Nella delibera approvata viene ribadita la necessità di reperire una nuova area industriale. Al contrario, le Associazioni chiedevano di verificare la possibilità di riportare in città alcune delle attività di tipo terziario ( uffici, servizi) che – impropriamente!- sono state insediate nell’area industriale della Porporata. Si chiedeva inoltre di evitare ulteriore consumo di suolo agevolando l’insediamento di piccole/medie industrie nelle aree produttive dismesse, già presenti sul territorio. La previsione di una nuova area industriale ci pare ingiustificata e da doversi considerare solo in conseguenza di specifici e reali progetti, o proposte industriali, che possano assicurare un cospicuo e sostenibile sviluppo occupazionale.
  • Nella delibera approvata nulla di concreto anche sul tema della mobilità sostenibile. Le Associazioni chiedevano l’adozione delle soluzione già prospettate nel lavoro condotto dagli uffici comunali con l’ Associazione Salvaciclisti: un progetto  che stimolava soluzioni nuove nel campo dell’ accessibilità e dell’attraversamento dello spazio cittadino.
  • Le Associazioni richiedevano una maggior attenzione al verde cittadino, con la realizzazione di una “fascia verde” attorno al centro abitato a salvaguardia delle residue zone agricole, per riportare in luce le cascine storiche, per valorizzare e salvaguardare i cosiddetti “coni visivi” e il paesaggio della città.
  • Nel capitolo “obiettivi”, la delibera approvata introduce il tema del cosiddetto “miglioramento della qualità degli ingressi in città “. Le Associazioni paventano che sotto quelle parole si celi piuttosto l’alibi per individuare, ri-definire, nuove e grandi aree a destinazione commerciale.
A seguito di quanto esposto, pensiamo che le linee programmatiche approvate dal Consiglio Comunale risultino generiche e poco incisive. Ancora una volta manca l’idea, la visione, della Pinerolo “a venire”. Inoltre, se da un lato abbiamo inizialmente apprezzato la dichiarazione  dell’Amministrazione di voler adottare il metodo del confronto nell’affrontare un tema fondamentale quale è tratteggiare la Città “ a venire”, le azioni sinora condotte appaiono ben lontane dalla cosiddetta urbanistica partecipata , pratica a nostro parere fondamentale per indirizzare eticamente le “pre-visioni” e il carattere della città futura. Alla necessità di prevedere la partecipazione concreta delle comunità al momento progettuale e decisionale fanno oramai riferimento i migliori e più moderni strumenti di gestione dei territori: partire dallanalisi delle situazioni esistenti; individuare obbiettivi rispettosi della vocazione dei territori, obbiettivi condivisi dalla comunità e “sostenibili”, sia dal punto di punto di vista economico che ecologico.
Questi alcuni dei “fondamenti” necessari per iniziare il processo della revisione - anche “culturale”- dell’attuale Piano Regolatore: un Piano ipertrofico, non rispondente alla realtà attuale,  frutto di una idea meramente speculativa del bene comune “Territorio-Paesaggio”.  Pinerolo ha bisogno di un progetto che ne difenda e ne rivitalizzi la sua Bellezza.

Le Associazioni e i gruppi del forum pinerolese sull'Urbanistica e il Paesaggio  

domenica 20 aprile 2014

Auguri per una Pasqua di vero cambiamento

Auguri per una Pasqua che acquisti il suo significato nel segno di un vero cambiamento: Giustizia, Dignità, Libertà per l'intera Umanità. 


"(...) Forse un mondo onesto non esisterà mai, ma chi ci impedisce di sognare. Forse se ognuno di noi prova a cambiare, forse ce la faremo".  Rita Atria
Continuiamo ad agire per sognare!
                                                                                           presidio LIBERA " Rita Atria" Pinerolo

sabato 19 aprile 2014

Quale Pasqua a Cassano allo Ionio? "Cocò? Dimenticatelo!”

Un viaggio allucinante in un luogo che pare lontano dal mondo, un modo "altro" da quello  nel quale molti immaginano di vivere. L'articolo di Niccolò Zancan inizia con la domanda-risposta che pare annientare ogni speranza di possibile redenzione:  "«Cocò, chi?». In piazza alzano il mento al cielo. Il tabaccaio si rintana in negozio. Le mamme scappano via, trascinandosi dietro figli e sacchetti. Non è cosa. Non sono domande. Non ci sono segni di lutto. Niente.  (...)".  

Invece, dobbiamo essere capaci di riempire quel niente! Dobbiamo essere capaci di sentire quel "niente" come la conseguenza di aver permesso che lo Stato si potesse dimenticare di quel pezzo d'Italia dove non si piange la morte di un bambino di tre anni. Non serve a niente commuoversi se non ci si muove per cambiare.

Fonte : La Stampa

"Cocò? Dimenticatelo!” La legge delle cosche è più forte del dolore

A Cassano tre mesi dopo l’omicidio del piccolo Nicolas
Il pm: “Dovreste vivere qui per capire questa città”

Il piccolo Cocò.Nicolas Campolongo aveva tre anni È stato trovato carbonizzato in auto. Foto Francesco Mollo

INVIATO A CASSANO ALLO IONIO (CS)
«Cocò, chi?». In piazza alzano il mento al cielo. Il tabaccaio si rintana in negozio. Le mamme scappano via, trascinandosi dietro figli e sacchetti. Non è cosa. Non sono domande. Non ci sono segni di lutto. Niente.  
Neppure in contrada Fiego, a due chilometri dal centro storico, dove si è compiuto il massacro. C’è soltanto una grande macchia scura di asfalto carbonizzato e un fiore giallo di plastica, appoggiato sul moncherino del radiatore di una Punto liquefatta. Tutto quello che resta.  

Tre mesi dopo, ancora non conosciamo gli assassini di Nicolas Campolongo detto Cocò. Era un bambino di tre anni, viveva in questo paese in mezzo ai grandi. Però adesso sappiamo con certezza perché è stato ucciso. L’hanno ammazzato per farci «spagnare», come dicono qui. Per farci avere paura. A Cocò hanno sparato in testa. Come a suo nonno Giuseppe Iannicelli, come alla fidanzata di suo nonno Ibissa Tous. Giustiziati e bruciati dentro una macchina, come i mafiosi fanno con i loro peggiori nemici. «Lo stupore sarebbe una reazione ingenua», dice il pm Vincenzo Luberto, uno dei tre magistrati titolari dell’inchiesta. «Le violenze non sono mai inspiegabili. Non c’è niente di casuale. La ’ndrangheta, quando è giovane, ha bisogno di terrore per guadagnare credibilità, la carica di intimidazione è centrale. Lavora come un’azienda: se l’idraulico usa la chiave inglese, il mafioso si serve della paura. L’omicidio di un bambino è un moltiplicatore di paura». Ecco perché hanno ammazzato Cocò. Un ottimo lavoro, bisogna ammetterlo.  
Cassano allo Ionio è un posto spaventoso. Perché la paura è un contagio. E se tu entri dentro un ristorante armato di una domanda e il ristoratore corre in cucina imprecando e supplicando, per favore, di non nominare il suo locale e neppure il nome di quel bambino, è ovvio che alla fine ti spagni. Tutti ci spagniamo qui. È una parola che deriva dall’epoca degli aragonesi, che usavano la sciabola come strumento di persuasione. «Voi giornalisti avete sempre fretta - dice ancora il pm Luberto -, ma per capire Cassano dovreste piantare le tende in piazza per un mese. Dovreste ricordarvi che qui è già stato ammazzato un altro bambino. Ammesso che a qualcuno importi qualcosa di questo pezzo di Italia».  

La scuola elementare di Cassano è chiusa per rischio crolli. L’unico ospedale della zona è una clinica convenzionata. Arriva a fatica il segnale Rai. Tutto avviene lontano dal mondo. Spesso badanti marocchine si trasformano in fidanzate a suon di botte. Può capitare di fare figli sia con la moglie sia con la nuora all’interno dello stesso nucleo famigliare, e tutti restano insieme, sotto lo stesso tetto, in piccole case con televisioni giganti e poltrone per massaggi a sette velocità. Persino il parroco don Silvio Renne non si fa problemi a mostrare la sua insofferenza: «Ancora Cocò? È una storia chiusa. Abbiamo fatto il funerale. Io non sono un investigatore. Non spetta a me dire chi è stato. E poi è ancora tutto da dimostrare se c’entra la droga o la ‘ndrangheta... Che è un po’ come negare che adesso è notte fonda.  

La madre di Cocò si chiama Antonia Iannicelli, è agli arresti domiciliari per spaccio, in un convento lontano da qui. Il padre di Cocò si chiama Nicola Campolongo ed è in carcere per aver ammazzato il tabaccaio di Lauropoli, Giuseppe Cirigliano, durante una rapina a mano armata. Il nonno di Cocò era, appunto, Giuseppe Iannicelli detto Peppe, 52 anni, già arrestato per traffico di sostanze stupefacenti. Lo zio Tommaso Iannicelli detto «il calciatore», ritenuto anello di collegamento fra le cosche locali e il clan degli zingari, è noto per aver pronunciato questa frase in un’intercettazione: «Portami l’arma, fra tre giorni ammazziamo Luberto». Intenzioni confermate, anche in successive, conversazioni: «Non abbiamo potuto agire perché pioveva, lui era sotto casa come un coglione». Riferito al magistrato. Che in effetti, quel giorno, era sotto casa in attesa della scorta.  

Questo è il contesto. Qui a giugno verrà in visita Papa Francesco. Entriamo a casa dei parenti di Cocò, nella parte vecchia e umida del paese. Stanno preparando il pranzo domenicale: agnolotti al sugo, bistecche e patatine. «Questi carabinieri sempre con noi ce l’hanno», dicono. «Sempre droga, sempre perquisizioni. Questa non è giustizia». Il capofamiglia si chiama anche lui Tommaso Iannicelli, ha una grossa catena d’oro al collo e sul braccio tatuata una frase in dialetto calabrese: «Chi sbaglia, non merita perdono». Tommaso Iannicelli, dice: «Quelli che hanno sparato a Cocò non sono cristiani, sono talebani». La ’ndrangheta? «Non c’entra. Dovremmo farla noi», dicono scoppiando in una risata fragorosa. La madre di Cocò ci ha scritto una lettera dal convento: «Non ho la minima idea di chi possa essere stato. Se la giustizia esistesse, riuscirebbe a trovare gli esseri che hanno commesso quel gesto. Ma io nella giustizia non credo». Qui si crede solo alla paura.  
Su quella macchina carbonizzata in borgata Fiego, c’era anche la baby-sitter di Cocò con tatuato sul braccio «Peppe Iannicelli è il mio uomo». L’avevano fatta sposare con un prestanome, in modo che potesse avere il permesso di soggiorno. Era incinta al quinto mese. E quindi, ora si può dire, anche il conto dei morti bambini va aggiornato. I resti di Ibissa Tous sono chiusi in una cella frigorifera. Nessun parente ha ancora fornito il Dna per l’identificazione.  

Cassano allo Ionio, visto da lontano, potrebbe sembrare un vecchio paese incastonato sotto la montagna, nella Calabria interna, fra Cosenza e Sibari. Placido. Senti abbaiare i cani, ti commuovi per quanto sono dolci le colline. Pensi a Cocò qui davanti, con la lattina di Fanta in mano e il suo cane maculato alla catena. Ma è uno dei posti a più alta concentrazione criminale d’Italia. Per questo nessuno piange un bambino di tre anni. Perché succede di morire ammazzati. Come era successo al sedicenne Carmine Pepe, freddato a colpi di kalashnikov il 3 ottobre 2002. Sbagliando, lo avevano ritenuto coinvolto - in qualità di vedetta - in un agguato con altri due morti ammazzati. Faide. Affari. Paura da incutere. Paura da riscuotere. E questa massima, quasi come un epitaffio: morto il cane, morta la rabbia. Ha ragione il pm Luberto: abbiamo sempre dimenticato questo pezzo di Italia. Come per l’operazione «Harem»: 90 donne fatte arrivare qui dall’Albania, violentate, massacrate, schiavizzate e mandate a prostituirsi. Neanche una riga. Neanche un Tg. Come per Cocò. Saluti, baci e sentite condoglianze.  
Twitter@NiccoloZancan  

giovedì 17 aprile 2014

Comunicato Presidenza LIBERA. Articolo 416/ter: una buona notizia, un errore da correggere.

Articolo 416/ter: una riforma sostenuta da oltre 475mila cittadini che hanno firmato la petizione della campagna Riparte il futuro, promossa da Libera e Gruppo Abele.
Riportiamo il comunicato ufficiale che l'Ufficio di Presidenza di LIBERA ha rilasciato a commento dell'approvazione tormentata della legge che modifica l'Art. 416/ter.
riparte

L’approvazione al Senato della modifica del 416ter contiene una buona notizia e un errore da correggere. 
La buona notizia è l’inserimento, dopo un iter tormentato, delle due parole “altra utilità”che colpiscono al cuore il voto di scambio politico mafioso, finora limitato all’erogazione di denaro. 
Grazie a queste due parole si potrà contrastare in maniera più efficace il “mercato dei voti”, venduti e comprati in cambio di favori, a partire dalle prossime elezioni di maggio, europee e soprattutto amministrative.
L’errore, su cui Libera ha espresso fin da subito le sue perplessità, è quello della riduzione delle pene, che vanno inserite, invece, in un più generale inasprimento di tutti i reati di mafia, a partire dal 416 bis, oggi sanzionato con condanne inferiori a quelle previste per l’associazione a delinquere finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti. L’auspicio, già sottolineato prima del voto di oggi a Palazzo Madama, è che il governo intervenga quanto prima, come suggerito dalla commissione Garofoli, perché siano previste per i reati di mafia sanzioni più severe ed efficaci, nel rispetto del principio della proporzionalità della pena.
Si tratta comunque solo di un primo passo, anche se importante, e di un doveroso atto politico di trasparenza e bonifica delle istituzioni democratiche. Reati diffusi al punto da diventare costume, chiedono non solo leggi all’altezza ma l’impegno di tutti noi a volerle e sostenerle attraverso le scelte e i comportamenti quotidiani. È necessario a questo punto, fare un ulteriore scatto e arrivare prima possibile, a una più generale legge sulla corruzione dotata di quelle misure (confisca dei beni ai corrotti; pene adeguate per “reati civetta” come il falso in bilancio, la disciplina sulla prescrizione, l’autoriciclaggio, l’evasione fiscale) per rendere il nostro Paese una comunità dovel’interesse economico coincida finalmente con l’interesse sociale, con la dignità e la libertà di tutti.
Ufficio di Presidenza Libera

martedì 8 aprile 2014

Giornata della Memoria e dell'Impegno in Ricordo delle Vittime Innocenti delle mafie". Il racconto della mattina , a Pinerolo.

"Radici di memoria, frutti d'impegno"
E' quanto abbiamo cercato di fare anche noi, a Pinerolo, la mattina del 22 marzo 2014: "Fare memoria" Fare memoria vuol dire conoscere i fatti,  comprendere i meccanismi, le cause, che hanno determinato gli  avvenimenti e impegnarsi affinché avvenimenti simili non debbano più accadere. 
Ecco cos'è stato per noi il lavoro che ha preceduto la celebrazione della GIORNATA DELLE MEMORIA: "(...) Un cammino ricco di impegno e speranza, che ci vede al fianco di studenti, insegnanti, dirigenti scolastici, a riscrivere nella quotidianità la nostra scelta per la lotta alle mafie e per l'affermazione della giustizia sociale.(...)". E insieme a questo, l'agire del presidio "Rita Atria" nella nostra comunità; agire per diventare cittadini responsabili: cittadini che si assumono responsabilità. 
A simboleggiare il significato della GIORNATA, i due Alberi realizzati dagli studenti dei plessi scolastici dell'Abbadia Alpine e di san Secondo,della scuola media  "F. Brignone" di Pinerolo e su cui affiggeranno "biglietti di impegno"; i Limoni, simbolo scelto dagli studenti del Liceo Scientifico "M. Curie"; i Principi della Costituzione Italiana. Questi gli Omaggi alle Vittime Innocenti, i cui nomi sono stati letti dagli studenti degli Istituti presenti quella mattina: il Liceo Classico "Porporato", che ospitava la celebrazione; il Liceo Scientifico "M. Curie"; la Scuola media Statale "F. Brignone"; la Scuola media Statale "D. Carutti" di Cumiana; l'istituto "M. Buniva".

Il racconto della mattinata
Quest'anno la celebrazione si è svolta all'Auditorium Baralis, per evitare una pioggia incombente che non è poi arrivata. Ma l'Auditorium ha reso ancora più profondi i momenti che abbiamo vissuto.
Nello stesso momento, a Latina, nel Laziosi svolgeva la manifestazione nazionale della XIX GIORNATA.  Perchè a Latina, perchè il Lazio? Terre di straordinarie risorse ambientali e di grande vocazione agricola, anche grazie alle fatiche e ai sacrifici di migliaia di migranti, di ieri e di oggi, oggi sono terre segnate da una presenza sempre più grave e diffusa delle mafie, in particolare camorra e 'ndrangheta. Le mafie  inquinano l'economia e la politica, distruggono il paesaggio e avvelenano l'ambiente.
A Latina, anche nel ventennale dell'uccisione di don Peppe Diana, avvenuta il 19 marzo 1994. Come don Pino Puglisi, don beppe Diana ha pagato con la vita il coraggio della testimonianza e delle denuncia. Abbiamo letto alcuni brani della sua lettera "Per Amore del mio Popolo" una denuncia aperta e chiara. Ne  riportiamo alcuni brani:
Per amore del mio popolo
don Beppe Diana
"Siamo preoccupati. Assistiamo impotenti al dolore di tante famiglie che vedono i loro figli finire miseramente vittime o mandanti delle organizzazioni della camorra. La Camorra oggi é una forma di terrorismo che incute paura, impone le sue leggi e tenta di  diventare componente endemica nella società campana(...)
Precise responsabilità politiche. E’ oramai chiaro che il disfacimento delle istituzioni civili ha consentito l’infiltrazione del potere camorristico a tutti i livelli. La Camorra riempie un vuoto di potere dello Stato che nelle amministrazioni periferiche é caratterizzato da corruzione, lungaggini e favoritismi. La Camorra rappresenta uno Stato deviante parallelo rispetto a quello ufficiale, privo però di burocrazia e d’intermediari che sono la piaga dello Stato legale. L’inefficienza delle politiche occupazionali, della sanità, ecc; non possono che creare sfiducia negli abitanti dei nostri paesi(...)
Un appello. (...) l’Azione di tutta la Chiesa deve farsi più tagliente e meno neutrale (...). Forse le nostre comunità avranno bisogno di nuovi modelli di comportamento: certamente di realtà, di testimonianze, di esempi, per essere credibili. (...)"

                                                                Le riflessioni degli studenti
In questi mesi , tanti sono stati gli incontri nelle scuole Pinerolesi che hanno aderito al nostro progetto. Alla lettura dei Principi della Costituzione seguono le  riflessioni degli studenti di alcuni degli Istituti presenti.

Scuola media "F. Brignone", plesso scolastico Abbadia Alpina. Teresa e Nicolò leggono le riflessioni    
"I nomi che oggi leggiamo , Radici della Memoria, hanno dato frutti di Impegno. Vogliamo essere noi questi frutti e ci impegniamo a rispettare le regole. Rita nel suo diario, prima di morire scrive: "Tutti hanno paura ma io ‘unica cosa di cui ho paura  è che lo stato mafioso vincerà e quei poveri scemi che combattono contro i mulini a vento saranno uccisi. Prima di combattere la mafia devi farti un auto-esame di coscienza e poi, dopo aver sconfitto la mafia dentro di te, puoi combattere la mafia che c’è nel giro dei tuoi amici. La mafia siamo noi e il nostro modo sbagliato di comportarci".
Questo vogliamo dire a chi, tra noi ragazzi, si diverte alle spalle dei più deboli, a chi non prende le difese di chi non può.
Questo vogliamo dire a chi passa col rosso, “tanto non c’è nessuno”; a chi non rispetta la fila d’attesa; a chi non dà lo scontrino; a chi lavora o assume “in nero”; a chi costruisce sugli argini; a chi dice “Ritorna da dove sei venuto”; a chi pensa che tutto gli è dovuto; a chi dice “Chi se ne frega!”…Ai corrotti e ai corruttori; a chi cerca soldi facili; a chi mette in mano ai ragazzi promesse di “sballo”; a chi guarda solo a propri interessi anche se calpesta quelli degli altri
Noi vogliamo crescere in un mondo giusto e onesto, che ci dia la possibilità di realizzarci come persone, di poterci affermare grazie all’impegno, al lavoro guadagnato col merito
Vogliamo essere liberi nelle nostre scelte, vogliamo che i diritti della Costituzione diventino la strada maestra dei nostri comportamenti
Condanniamo le scorciatoie, i favori, i furbi che si fanno strada grazie alle raccomandazioni…
Ancora Rita nel suo tema di maturità, scritto dopo la morte di Giovanni Falcone: “…L’unica speranza è non arrendersi mai…Forse un mondo onesto non esisterà mai, MA CHI CI IMPEDISCE DI SOGNARE? Forse , se ognuno di noi prova a cambiare, forse ce la faremo"
Allora AFFERMIAMO CON FORZA che faremo di tutto perchè i nostri sogni si realizzino, ce la metteremo tutta per cambiare  questo mondo...anzi VOGLIAMO URLARLO: ....
CI VEDIAMO GRANDI: CHI OPERAIO O PARRUCCHIERA, CHI MEDICO O INSEGNANTE, CHI GUARDIA FORESTALE O IMPIEGATO, CHI ARCHITETTO  O CAMPIONE DI HOCHEY...
NON IMPORTA CHE COSA SAREMO PURCHE’ CITTADINI DI UNO STATO FINALMENTE LIBERO DAGLI ARROGANTI E DAI PREPOTENTI."                                                                                   
Scuola media "F. Brignone", plesso scolastico di San Secondo di Pinerolo. Giorgia e Lorenzo leggono "Io ho paura", scritto da Matteo e Lorenzo.
Io ho paura
-         -Io ho paura della mafia perché uccide, uccide con il suo silenzio.
-         - Io non ho paura perché siamo liberi di parlare senza aver bisogno di seguire delle regole.
-        - Io ho paura perché si può avere la mentalità mafiosa senza essere un criminale; la mafia possiamo essere anche noi
-        - Io non ho paura perché sono sicura delle azioni che compio contro di essa e so di non commettere errori.
-        - Io ho paura della mafia perché agisce a spese della società civile e a solo vantaggio dei suoi membri.
-        - Io non ho paura perché so di non accettare i suoi compromessi
-        - Io paura della mafia perché rovina la bellezza, il nostro futuro…
-         - Io non ho paura della mafia perché niente e nessuno può rovinare il nostro futuro
-        - Io ho paura perché la mafia manipola le coscienze e anche la nostra salute… la terra dei fuochi… i frutti della nostra terra inquinata dai rifiuti… solo per miserabili interessi.
-        - Io non ho paura della mafia perché ci sono uomini come Falcone e Borsellino che ci hanno insegnato che la mafia si può sconfiggere
-         - Io ho paura perché la mafia uccide i nostri sogni.
-         - Io non ho paura perché Rita Atria ci ha insegnato che i sogni vanno inseguiti
-         - Io ho paura perché a volte siamo soli con i nostri ideali e le nostre battaglie.
-         - Io non ho paura perchè al mondo ci sono gli ideali di legalità e giustizia
-         - Io ho paura perché la mafia ha ucciso grandi uomini come Falcone e Borsellino e continuano  minacciare magistrati coraggiosi come Nino Di Matteo.
-         - Io non ho paura, guarda oggi , siamo tanti, siamo forti, siamo uniti, più forti della mafia
     - Io non ho più paura!

Scuola Media "F. Brignone" di Pinerolo,  plesso scolastico San Secondo di Pinerolo. Sara legge la sua riflessione
"La mafia, come abbiamo potuto capire con l’Associazione Libera e con i molti lavori svolti quest’anno, è un modo di ragionare e di comportarsi che implica il non rispetto delle regole, l’approfittare dei più deboli e la ricerca di scorciatoie che permettano di raggiungere il proprio obiettivo con facilità.
La mafia entra nella vita delle persone che, piano piano, ci fanno l’abitudine finché tutto non diventa cosa normale perché, come disse Rita Atria:“La mafia siamo noi...”.
Per poter vivere bene tutti insieme occorre seguire le regole che permettono ad un piccolo ma anche ad un grande gruppo di funzionare in armonia e gli esempi di Borsellino, Falcone, Don Pugliesi, Impastato hanno inciso sulla società proprio in questo senso.
Per loro, così come adesso per Nino Di Matteo, è stato molto difficile combattere la mafia ma, una volta entrati nella lotta, non si sono tirati indietro trovandosi, molto spesso, di fronte al tacito appoggio della gente comune, l’omertà.
Oggi vogliamo testimoniare, con la nostra voce e la nostra presenza, che ciò che loro hanno seminato germoglia, ogni giorno, nelle nostre scelte e nei nostri comportamenti 

Scuola Media "F. Brignone" di Pinerolo,  plesso scolastico San Secondo di Pinerolo. Valentina legge la sua riflessione.
Grazie ai due incontri con “libera” noi ragazzi abbiamo finalmente conosciuto la mafia per quella che è in realtà, ovvero un’organizzazione criminale.
Siamo stati informati della storia di persone vittime della mafia: magistrati, poliziotti, giornalisti, ragazzi, adulti, sacerdoti, anziani e persino ex mafiosi che hanno avuto la forza e il coraggio di riprendere la strada giusta.
Quest’organizzazione criminale non esce alla scoperto perché è formata unicamente da codardi che agiscono nel buio, che uccidono e feriscono, che non sanno confrontarsi, che non sanno parlare; queste persone sono maschere senza volto, corpi senz’anima, senza il coraggio di affrontare la vita e i problemi che essa pone. Noi ci chiediamo…..perché, per quale motivo sentono il bisogno di mutilare la vita di altri esseri umani?
La verità è che non esiste una risposta a questa domanda, infatti non c’è giustificazione che regga contro famiglie disperate che piangono i loro cari deceduti, contro genitori che perdono i loro figli per un tema scritto contro la mafia.
Loro dicono di aiutare l’Italia ma dov’è l’Italia se non nel diritto di parola, di stampa e di pensiero? Come possiamo noi chiamare Repubblica un Paese dove si deve camminare con la testa bassa, dove bisogna ubbidire ai potenti per non essere colpiti alle spalle da una coltellata o un colpo di pistola? Come possiamo noi definirci fieri della nostra patria se essa viene associata a questa piaga della società?
Si definiscono una grande famiglia ma una famiglia assicura un futuro ai propri figli non gli tarpa le ali impedendogli di volare. All’estero parlano della mafia italiana e hanno paura, subito dopo magari lodano i nostri monumenti; ma un Paese non è formato solo dalla sua architettura ma soprattutto dai suoi cittadini.
Dobbiamo dire basta alla paura, BASTA! Non possiamo essere schiavi dei nostri timori, delle nostre insicurezze o il “mostro” così si ingrandirà sempre di più, fino a schiacciarci. Unendoci vinceremo questa guerra perché l’unione fa’ la forza! Il futuro è il nostro, tocca a noi difenderlo!

Liceo Scientifico di Pinerolo "M. Curie: Alyna legge la sua riflessione
"Anche quest'anno molte classi del liceo scientifico hanno intrapreso un percorso in collaborazione con l'associazione Libera di Pinerolo, finalizzato all'educazione alla legalità.
Il progetto è stato un momento di grande riflessione sui temi riguardanti la legalità e su come essa possa aiutarci concretamente  a migliorare le nostre vite e il nostro Paese.
Il percorso si è articolato in tre fasi. Nella prima abbiamo letto alcuni romanzi, saggi, assistito ad uno spettacolo teatrale e visto il film “I Cento Passi”, il cui protagonista è Peppino Impastato, una delle vittime. La seconda fase invece ha visto la partecipazione delle classi alle conferenze dei volontari dell'associazione Libera, che si sono tenute con un excursus storico che dalle origini del fenomeno è giunto fino alla più stretta attualità, in parallelo con una riflessione di Peppino Impastato sulla difesa della bellezza. Alla terza fase hanno partecipato le classi quinte del Liceo. Il tema  affrontato è stato: “Dalle parole alle regole”. Partendo dalla bellezza minacciata dalle associazioni mafiose si è riflettuto sulla legalità attraverso la definizione del concetto di regole e l'analisi del rapporto tra principi e regole nella nostra Costituzione.
L'esperienza è risultata a nostro parere particolarmente significativa per il suo agire nella direzione di una saldatura tra scuola e società, tra teoria e pratica.
Infatti crediamo sia stato proprio questo il motivo che ci ha permesso di seguire le lezioni con molto interesse, poiché il loro fine non era un compito in classe o un'interrogazione, ma piuttosto una proposta per migliorare le nostra vite rendendoci consapevoli che le più grandi organizzazioni criminali al mondo, le mafie,  devono essere combattute e annientate da noi giovani attraverso l'unica arma a nostra disposizione, l'informazione.
Radici di memoria, frutti d'impegno”: questo lo slogan scelto da Libera quest'anno per la celebrazione della giornata della memoria in ricordo delle vittime innocenti delle mafie. Nel corso della lettura dei nomi delle vittime, il nostro liceo ha scelto il limone come elemento chiave. Perché i limoni?
gli studenti depongono i limoni, omaggio alleVittime Innocenti
Il limone frutto solare per eccellenza rimanda alla Sicilia, è in senso metaforico l'emblema dell'energia vitale, è ben visibile.
I limoni frutti maturi caduti dall'albero come le vittime delle mafie alle quali noi oggi vogliamo ridare visibilità , celebrandone la memoria.
Limoni depositati in una cesta da ognuno di noi con delicatezza come fiori sull'acqua per non dimenticare...
Per concludere vorremmo riportare una citazione di Rita Atria a cui peraltro è dedicato il presidio di Libera di Pinerolo.: “Prima di combattere la mafia devi farti un auto-esame di coscienza e poi, dopo aver sconfitto la mafia dentro di te, puoi combattere la mafia che c'è nel giro dei tuoi amici; la mafia siamo noi e il nostro modo sbagliato di comportarci”.

Scuola Media di Cumiana "D. Carutti". Arianna e Niccolò leggono un brano tratto dal libro "Per questo mi chiamo Giovanni" di Garlando:  Cecilia commenta i cartelloni realizzati in classe.
La riflessione di Cecilia.: "In classe parlando dell'adolescenza abbiamo riflettuto sul tema del bullismo che a volte si presenta tra i ragazzi della nostra età. Siamo giunti a definirlo come un sistema di atti di violenza fisica o psicologica da parte di uno o più individui verso uno più debole. Abbiamo poi individuato alcuni suoi aspetti  come la prepotenza, gli atti di estorsione, la legge del più forte, la violenza. Infine abbiamo riflettuto sul fatto che il bullismo ha caratteristiche simili al comportamento mafioso perchè in entrambi prevale la legge del più forte. Ci siamo resi conto del fatto che spesso il ragazzo violento lo è a causa di problemi del suo vissuto, di problemi familiari o di cattive frequentazioni. Abbiamo capito che per stare bene insieme dobbiamo fare riferimento a un sistema di regole che, se rispettate fanno vivere in pace e armonia una comunità. Esse sono un limite necessario per la vita della società.

  I Principi Fondamentali della COSTITUZIONE ITALIANA
Rileggendo la lettera-denuncia "Per Amore del mio Popolo" rimaniamo sgomenti: la situazione descritta da don Beppe Diana non solo non è cambiata ma  si è consentito che si aggravasse e  si estendesse ad altri territori, come dimostra il Processo Minotauro che vede "svelate" le mafie il Piemonte. Criminalità e corruzione! Quante ipocrite e inutili parole  sono state dette (anche) da quel 1994!
Per questo motivo, dopo il saluto del Sindaco di Pinerolo Eugenio Buttiero, e le riflessioni, gli studenti delle scuole presenti leggono quello che consideriamo il "testo antimafia" più bello, più vero, ma ancora tutto da realizzare: I Principi Fondamentali della COSTITUZIONE ITALIANA

gli studenti leggono i Principi della Costituzione Italiana
I nomi delle Vittime Innocenti delle mafie. 
Dopo la lettura di Principi della Costituzione Italiana, leggiamo i nomi delle vittime Innocenti delle mafie: morti per mano delle mafie perché colpiti inermi, senza colpa alcuna; morti per mano delle mafie perché, con rigore e coerenza, hanno compiuto il loro dovere in nome dei  Principi della Costituzione Italiana. Ma sappiamo che da questo elenco mancano ancora moltissime vittime.
Vogliamo ricordarli tutti. Quelli di cui conosciamo le storie e i tanti dei quali non abbiamo ancora conoscenza: “ A Voi, alle vittime Innocenti di cui abbiamo letto i nomi, e a tutte le Vittime innocenti che ancora ci sfuggono, la nostra memoria e il nostro impegno”
Il collage è composto dalle immagini in nostro possesso del momento della lettura dei nomi delle VittimeInnocenti . 
Ci scusiamo con coloro che non sono presenti nelle fotografie e invitiamo chi fosse possesso di altre immagini,
se lo vuole, di farcele avere per aggiungerle al collage.
La conclusione della manifestazione mattutina avviene con le parole di Paolo Borselino, ascoltate con commozione -ancora una volta-  prima di  omaggiarle, tutti in piedi, col lungo applauso di tutti i presenti. 


Sono morti per noi e abbiamo un grosso debito verso di loro; questo debito dobbiamo pagarlo giosamente continuando la loro opera, rifiutando di trarre dal sistema mafioso anche i benefici che possiamo trarne, anche gli aiuti, le raccomandazioni, i posti di lavoro, facendo il nostro dovere; la lotta alla mafia, il primo problema da risolvere nella nostra terra bellissima e disgraziata, non doveva essere soltanto una distaccata opera di repressione ma un movimento culturale e morale che coinvolgesse tutti e specialmente le giovani generazioni, le più adatte a sentire subito la bellezza del fresco profumo di libertà che fa rifiutare il puzzo del compromesso morale, della indifferenza, della contiguità e quindi della complicità; ricordo la felicità di Falcone quando in un breve periodo di entusiasmo egli mi disse "La gente fa il tifo per noi"; e con ciò non intendeva riferirsi soltanto al conforto che l'appoggio morale della popolazione dà al lavoro del giudice, significava qualcosa di più, significava soprattutto che il nostro lavoro stava anche smuovendo le coscienze"

Ascoltiamo le parole di paolo Borsellino